La costante resistenziale
Una storia del possibile
Luigi Mazzarelli, Efisio Pillai curated by Montecristo Project
22/08/2023 - 30/09/2023
[ITA] Una storia del possibile è il nuovo capitolo della ricerca di Montecristo Project dedicata a “La Costante Resistenziale”. Questo progetto nasce come riflessione sulle forme artistiche moderne e contemporanee in Sardegna, prendendo spunto dalla serie di esposizioni dedicate allo stesso tema dal Museo MAN in anni recenti. Il concetto di Costante Resistenziale fu ideato dall'archeologo Giovanni Lilliu per definire una forma di resistenza alle colonizzazioni ed influenze culturali esterne da parte del popolo sardo. La ricerca di Montecristo Project analizza il discorso da una prospettiva che cerca punti di contatto con quella produzione artistica di carattere antropologico e popolare, non investigata nel progetto espositivo ed editoriale del museo.
Protagonisti di questa nuova mostra sono i dipinti di Luigi Mazzarelli (1940-2006) e le sculture di Efisio Pillai (date di nascita e morte sconosciute).
Questo nuovo capitolo espositivo intende accostare il percorso di uno dei rappresentanti più importanti dell’avanguardia artistica sarda, Luigi Mazzarelli, alla pratica scultorea di Pillai, che potremmo ricondurre sotto l’etichetta dell’art-brut.
Se a un primo sguardo queste ricerche si muovono su binari paralleli, è necessario leggere le cose in una prospettiva meno euclidea di quella che ci offrono le apparenze.
La ricerca visiva e testuale di Mazzarelli ha determinato l’apice delle ricerche dell’avanguardia sarda, toccando il punto di non ritorno con due opere: Il libro bianco e le Dimissioni da artista. In questi due atti si fonda la costruzione di una nuova semantica dell’arte, che ricuce gli strappi creati dalle avanguardie storiche e si prendono definitivamente le distanze da un ruolo, quello dell’artista, nel quale Mazzarelli stentava a riconoscersi ancora.
Allo stesso modo le sculture di Pillai sono frutto di un’espressione spontanea e necessaria, prodotto di un uomo che, dalle notizie che di lui ci sono pervenute, non si è mai considerato un artista, né come tale è stato percepito dalla comunità sociale e culturale sarda.
Comunemente forme espressive di questo tipo vengono viste come polarità opposte, arte “alta” e arte “bassa”, colta e popolare. Nella prospettiva del nostro progetto però cerchiamo una dialettica tra queste posizioni, leggendo la situazione in maniera aperta, non lineare. Queste due esperienze finiscono per incontrarsi proprio nel punto che per entrambi sancisce l’esclusione, o la volontà di escludersi, da una dimensione professionale, capitalistica dell’arte. Nel corso degli anni, le poche esposizioni sarde che hanno incluso opere di Luigi Mazzarelli hanno teso a classificare la sua figura tra quelle degli artisti dell’avanguardia sarda, in bilico tra le iniziali esperienze espressioniste e le successive sperimentazioni optical. Contrariamente a questa classificazione, il pittore ci appare invece oggi uno dei massimi artisti della storia dell’arte sarda proprio in quanto è stato l’unico a prendere le distanze da quelle forme di importazione linguistica che definì come “l’internazionale delle arti”. E’ nel suo rivendicare una oggettività del linguaggio e un senso dell’arte come forma di costruzione necessaria, fondata sulla necessità espressiva e comunicativa che Mazzarelli ci appare tra i pochissimi capaci di coniugare una matrice espressiva avanguardistica con una totale autonomia rispetto alle correnti e alle mode inseguite dai suoi colleghi. Quello che vorremmo evidenziare è precisamente l’aspetto “resistenziale” dell’artista, il suo percorso unico e solitario rispetto alla sua generazione. Ciò che rende cruciale il lavoro di Luigi Mazzarelli è l’intento di partire dall'analisi dell’erosione e circolarità del linguaggio ereditata dalle avangiardie storiche per costruire una genealogia semantica che va a cercare un senso nelle ragioni stesse della pittura e della sua tradizione.
Esiste poi una dimensione che percorre un sentiero diverso: la ricerca di un'alternativa all’esaurirsi del linguaggio laddove il linguaggio non si è mai staccato dal reale. Questo modo di pensare una via alternativa al linguaggio simbolico ha a che fare con una vitalità, un’operosità sotterranea che emerge nelle sculture di Pillai. Si crea così una riconciliazione tra le polarità di un’arte colta e sofisticata e una prassi più lontana dalla intellettualizzazione, dalla scolarizzazione accademica, frutto di una necessità espressiva veicolata attraverso il fare. Un operare che non necessita di riconoscimenti o di attestati di valore, un’istanza del tutto personale, una ricerca di senso che, sebbene attraverso sentieri opposti, si ricongiunge all’idea di Mazzarelli di una fusione totale tra arte e vita.
[ENG] Una storia del possibile is the new chapter of Montecristo Project's research dedicated to "La Costante Resistenziale". This project was born as a reflection on modern and contemporary art forms in Sardinia, inspired by the series of exhibitions dedicated to the same theme by the MAN Museum in Nuoro in recent years. The concept of costante resistenziale was conceived by the archaeologist Giovanni Lilliu to define a form of resistance to colonization and external cultural influences by Sardinian people. Montecristo Project research analyzes the discourse from a perspective that seeks points of convergence with that artistic production of anthropological and popular nature, not investigated in the museum's exhibition and editorial project.
The protagonists of this new exhibition are the paintings by Luigi Mazzarelli (1940-2006) and the sculptures by Efisio Pillai (dates of birth and death unknown). This new exhibition chapter intends to bring together the path of one of the most important representatives of the Sardinian artistic avant-garde, Luigi Mazzarelli, with the sculptural practice of Pillai, which we could present under the label of art-brut. If at first glance these researches move on parallel tracks, it is necessary to read things in a less Euclidean perspective than the one offered by appearances.
Mazzarelli's visual and textual research determined the apex of Sardinian avant-garde research, reaching the point of no return with two works: Il libro bianco and the Dimissioni da artista. The construction of a new semantics of art is based on these two acts, which mends the scars created by the historical avant-garde and definitively distances itself from a role, that of the artist, in which Mazzarelli was still struggling to recognize himself. In the same way, Pillai's sculptures are the result of a spontaneous and necessary expression, the product of a man who, from the information we have received about him, has never considered himself an artist, nor has he been perceived as such by the social community and Sardinian cultural world. Expressive forms of this type are commonly seen as opposite polarities, "high" and "low" art, sophisticated and popular art. In the perspective of our project, however, we are looking for a dialectic between these positions, reading the situation in an open, non-linear way. These two experiences end up meeting precisely at the point which for both signs the exclusion, or the will to exclude themselves, from a professional, capitalist dimension of art.
Over the years, the few Sardinian exhibitions that have included works by Luigi Mazzarelli have tended to classify him among those of the Sardinian avant-garde artists, poised between the initial expressionist experiences and the subsequent optical experiments. Contrary to this classification, the painter appears to us today as one of the greatest artists in the history of Sardinian art precisely because he was the only one to distance himself from those forms of linguistic importation that he defined as "the international of the arts ”. It is in his claiming an objectivity of language and a sense of art as a form of necessary construction, based on the expressive and communicative need that Mazzarelli appears to us among the very few capable of combining an avant-garde expressive matrix with total autonomy with respect to trends and fashions followed by his colleagues. What we would like to highlight is precisely the "resistential" aspect of the artist, his unique and solitary path away from his generation. What makes Luigi Mazzarelli's work crucial is the intention to start from the analysis of the erosion and circularity of language inherited from the historical avant-garde to build a semantic genealogy that seeks meaning in the very reasons of painting and its tradition.
Then there is a dimension that follows a different path: the search for an alternative to the exhaustion of language, there where language has never detached itself from reality. This way of thinking about an alternative way to symbolic language has to do with a vitality, an underground industriousness that emerges in Pillai's sculptures. Thus a reconciliation is created between the polarities of a cultured and sophisticated art and a practice more distant from intellectualization, from academic schooling, the result of an expressive necessity conveyed through doing. A work that does not require recognition or certificates of value, a completely personal instance, a search for meaning which, albeit through opposite paths, rejoins Mazzarelli's idea of a total fusion between art and life.
La costante resistenziale
Una storia del possibile
Luigi Mazzarelli, Efisio Pillai curated by Montecristo Project
22/08/2023 - 30/09/2023
[ITA] Una storia del possibile è il nuovo capitolo della ricerca di Montecristo Project dedicata a “La Costante Resistenziale”. Questo progetto nasce come riflessione sulle forme artistiche moderne e contemporanee in Sardegna, prendendo spunto dalla serie di esposizioni dedicate allo stesso tema dal Museo MAN in anni recenti. Il concetto di Costante Resistenziale fu ideato dall'archeologo Giovanni Lilliu per definire una forma di resistenza alle colonizzazioni ed influenze culturali esterne da parte del popolo sardo. La ricerca di Montecristo Project analizza il discorso da una prospettiva che cerca punti di contatto con quella produzione artistica di carattere antropologico e popolare, non investigata nel progetto espositivo ed editoriale del museo. Protagonisti di questa nuova mostra sono i dipinti di Luigi Mazzarelli (1940-2006) e le sculture di Efisio Pillai (date di nascita e morte sconosciute). Questo nuovo capitolo espositivo intende accostare il percorso di uno dei rappresentanti più importanti dell’avanguardia artistica sarda, Luigi Mazzarelli, alla pratica scultorea di Pillai, che potremmo ricondurre sotto l’etichetta dell’art-brut.
Se a un primo sguardo queste ricerche si muovono su binari paralleli, è necessario leggere le cose in una prospettiva meno euclidea di quella che ci offrono le apparenze. La ricerca visiva e testuale di Mazzarelli ha determinato l’apice delle ricerche dell’avanguardia sarda, toccando il punto di non ritorno con due opere: Il libro bianco e le Dimissioni da artista. In questi due atti si fonda la costruzione di una nuova semantica dell’arte, che ricuce gli strappi creati dalle avanguardie storiche e si prendono definitivamente le distanze da un ruolo, quello dell’artista, nel quale Mazzarelli stentava a riconoscersi ancora. Allo stesso modo le sculture di Pillai sono frutto di un’espressione spontanea e necessaria, prodotto di un uomo che, dalle notizie che di lui ci sono pervenute, non si è mai considerato un artista, né come tale è stato percepito dalla comunità sociale e culturale sarda.
Comunemente forme espressive di questo tipo vengono viste come polarità opposte, arte “alta” e arte “bassa”, colta e popolare. Nella prospettiva del nostro progetto però cerchiamo una dialettica tra queste posizioni, leggendo la situazione in maniera aperta, non lineare. Queste due esperienze finiscono per incontrarsi proprio nel punto che per entrambi sancisce l’esclusione, o la volontà di escludersi, da una dimensione professionale, capitalistica dell’arte. Nel corso degli anni, le poche esposizioni sarde che hanno incluso opere di Luigi Mazzarelli hanno teso a classificare la sua figura tra quelle degli artisti dell’avanguardia sarda, in bilico tra le iniziali esperienze espressioniste e le successive sperimentazioni optical. Contrariamente a questa classificazione, il pittore ci appare invece oggi uno dei massimi artisti della storia dell’arte sarda proprio in quanto è stato l’unico a prendere le distanze da quelle forme di importazione linguistica che definì come “l’internazionale delle arti”. E’ nel suo rivendicare una oggettività del linguaggio e un senso dell’arte come forma di costruzione necessaria, fondata sulla necessità espressiva e comunicativa che Mazzarelli ci appare tra i pochissimi capaci di coniugare una matrice espressiva avanguardistica con una totale autonomia rispetto alle correnti e alle mode inseguite dai suoi colleghi. Quello che vorremmo evidenziare è precisamente l’aspetto “resistenziale” dell’artista, il suo percorso unico e solitario rispetto alla sua generazione. Ciò che rende cruciale il lavoro di Luigi Mazzarelli è l’intento di partire dall'analisi dell’erosione e circolarità del linguaggio ereditata dalle avangiardie storiche per costruire una genealogia semantica che va a cercare un senso nelle ragioni stesse della pittura e della sua tradizione.
Esiste poi una dimensione che percorre un sentiero diverso: la ricerca di un'alternativa all’esaurirsi del linguaggio laddove il linguaggio non si è mai staccato dal reale. Questo modo di pensare una via alternativa al linguaggio simbolico ha a che fare con una vitalità, un’operosità sotterranea che emerge nelle sculture di Pillai. Si crea così una riconciliazione tra le polarità di un’arte colta e sofisticata e una prassi più lontana dalla intellettualizzazione, dalla scolarizzazione accademica, frutto di una necessità espressiva veicolata attraverso il fare. Un operare che non necessita di riconoscimenti o di attestati di valore, un’istanza del tutto personale, una ricerca di senso che, sebbene attraverso sentieri opposti, si ricongiunge all’idea di Mazzarelli di una fusione totale tra arte e vita.
[ENG] Una storia del possibile is the new chapter of Montecristo Project's research dedicated to "La Costante Resistenziale". This project was born as a reflection on modern and contemporary art forms in Sardinia, inspired by the series of exhibitions dedicated to the same theme by the MAN Museum in Nuoro in recent years. The concept of costante resistenziale was conceived by the archaeologist Giovanni Lilliu to define a form of resistance to colonization and external cultural influences by Sardinian people. Montecristo Project research analyzes the discourse from a perspective that seeks points of convergence with that artistic production of anthropological and popular nature, not investigated in the museum's exhibition and editorial project.
The protagonists of this new exhibition are the paintings by Luigi Mazzarelli (1940-2006) and the sculptures by Efisio Pillai (dates of birth and death unknown). This new exhibition chapter intends to bring together the path of one of the most important representatives of the Sardinian artistic avant-garde, Luigi Mazzarelli, with the sculptural practice of Pillai, which we could present under the label of art-brut. If at first glance these researches move on parallel tracks, it is necessary to read things in a less Euclidean perspective than the one offered by appearances.
Mazzarelli's visual and textual research determined the apex of Sardinian avant-garde research, reaching the point of no return with two works: Il libro bianco and the Dimissioni da artista. The construction of a new semantics of art is based on these two acts, which mends the scars created by the historical avant-garde and definitively distances itself from a role, that of the artist, in which Mazzarelli was still struggling to recognize himself. In the same way, Pillai's sculptures are the result of a spontaneous and necessary expression, the product of a man who, from the information we have received about him, has never considered himself an artist, nor has he been perceived as such by the social community and Sardinian cultural world. Expressive forms of this type are commonly seen as opposite polarities, "high" and "low" art, sophisticated and popular art. In the perspective of our project, however, we are looking for a dialectic between these positions, reading the situation in an open, non-linear way. These two experiences end up meeting precisely at the point which for both signs the exclusion, or the will to exclude themselves, from a professional, capitalist dimension of art.
Over the years, the few Sardinian exhibitions that have included works by Luigi Mazzarelli have tended to classify him among those of the Sardinian avant-garde artists, poised between the initial expressionist experiences and the subsequent optical experiments. Contrary to this classification, the painter appears to us today as one of the greatest artists in the history of Sardinian art precisely because he was the only one to distance himself from those forms of linguistic importation that he defined as "the international of the arts ”. It is in his claiming an objectivity of language and a sense of art as a form of necessary construction, based on the expressive and communicative need that Mazzarelli appears to us among the very few capable of combining an avant-garde expressive matrix with total autonomy with respect to trends and fashions followed by his colleagues. What we would like to highlight is precisely the "resistential" aspect of the artist, his unique and solitary path away from his generation. What makes Luigi Mazzarelli's work crucial is the intention to start from the analysis of the erosion and circularity of language inherited from the historical avant-garde to build a semantic genealogy that seeks meaning in the very reasons of painting and its tradition.
Then there is a dimension that follows a different path: the search for an alternative to the exhaustion of language, there where language has never detached itself from reality. This way of thinking about an alternative way to symbolic language has to do with a vitality, an underground industriousness that emerges in Pillai's sculptures. Thus a reconciliation is created between the polarities of a cultured and sophisticated art and a practice more distant from intellectualization, from academic schooling, the result of an expressive necessity conveyed through doing. A work that does not require recognition or certificates of value, a completely personal instance, a search for meaning which, albeit through opposite paths, rejoins Mazzarelli's idea of a total fusion between art and life.